Giuseppe Tripepi - Comune di Roccaforte del Greco
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Giuseppe Tripepi
Giuseppe Tripepi nacque il 18 settembre del 1811 da Antonia Marchese e Fortunato Tripepi. Faceva parte della famiglia dei Baroni Tripepi della contrada Torre di Ghorio di Roccaforte. La famiglia Tripepi, originaria di S.Agata di Reggio, era proprietaria di alcuni beni che nei secoli precedenti erano appartenuti ai monaci basiliani passati poi ai Tripepi per un matrimonio avvenuto tra un componente della suddetta famiglia e la nipote di un sacerdote di Roghudi di nome Biasi mentre la torre e il convento furono acquistati successivamente. Si sposò con Rosa Correale Santacroce di Siderno da cui ebbe tre figli. Fortunato morto in tenera età, Domenico che venne eletto più volte consigliere comunale e Gio.Battista che divenne prete e successivamente si trasferì a Roma. L’ 8 novembre del 1845 venne nominato Sindaco dall’Intendente della provincia della Calabria Ultra Prima per il triennio 1846 – 1848. Il suo nome salì alla ribalta durante i moti insurrezionali del 1847. Fallita la rivolta del 2 settembre alcuni capi cospiratori tra cui Antonino Plutino, Agostino Plutino, Federico Geonese, Casimiro De Lieto, Domenico Muratori e il figlio Francesco si rifugiarono in località Serra di Piscopi del comune di Roccaforte e presumibilmente godettero dell’appoggio logistico di Giuseppe Tripepi, proprietario dei terreni circostanti. Tra l’altro i suoi dipendenti dichiararono pubblicamente che in quella zona si erano accampati 30 insorti . Avvertito della presenza dei patrioti, Domenico Abenavoli capo della guardia urbana di San Lorenzo con un drappello di guardie si recò immediatamente nella suddetta località ma si limitò soltanto a constatare la presenza di baracche e tracce di accampamento poiché gli insorti nel frattempo si erano dileguati. Il 9 novembre del 1847, la guardia urbana Antonino Nicolò, originario di Reggio Calabria ma residente a Ghorio, dichiarò all’ispettore di polizia di primo rango Gennaro Cioffi che l’avvocato Domenico Muratori e il figlio Francesco furono ospitati a Ghorio , dal 5 settembre al 9 settembre del 1847, prima in casa di Giuseppe Sgro capo della guardia urbana di Roccaforte (zio del sindaco Giuseppe Tripepi n.d.a.) e successivamente presso la tenuta di contrada Bambuino appartenente a Luigi Tripepi, zio del Sindaco. Insieme alle guardie urbane Leo Iaria ed Antonino Palamara tentò di arrestarli ma arrivati nei pressi della casa dove Muratori e il figlio si nascondevano appresero dal fattore Giuseppe Surace che i due erano stati prelevati da ignoti a dorso di due muli. Domenico Muratori nei giorni in cui fu “ospite” di Giuseppe Sgro scrisse una lettera al Dott. Oliva di Platì chiedendogli asilo. La lettera fu inviata per mezzo del bracciante Costantino Palamara dipendente di Giuseppe Sgro. Qualche giorno dopo, l’Intendente venne informato con una lettera anonima che l’Avv. D. Muratori , il Dott. P. Mezzatesta e i loro rispettivi figli erano stati guidati da una persona di Roccaforte alla casina detta di Ancone, di proprietà del fu Domenico Oliva. Fu effettuata un’accurata perquisizione che diede esito negativo. Il Nicolò dichiarò, inoltre, che nel mese di ottobre del 1847 incontrò casualmente in contrada Zimbi il latitante Antonino d’Aguì di Bova condannato a morte per reati politici . Considerato cospiratore e complice dei suddetti patrioti, Giuseppe Tripepi fu sospeso dalle funzioni di Sindaco perché accusato di essere ricettatore di ribelli, inoltre, venne più volte interrogato dal giudice di Bova ma non fu sottoposto ad alcun giudizio. Con l’unificazione del Regno d’Italia, Giuseppe Tripepi tornò alla vita politica attiva dopo aver rifiutato nel 1851 la carica di esattore. Fu eletto consigliere comunale nelle prime elezioni dopo l’unificazione del regno d’Italia con 22 preferenze su 23 votanti. Nel 1875 rinunciò volontariamente ai terreni che erano stati usurpati dalla sua famiglia dopo l’eversione della feudalità. Si spense il 4 novembre del 1876.
Tratto dal libro "Alla ricerca delle radici". Per Gentile concessione del Prof. Francesco Palamara
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